Gran Hotel Trento: una storia di accoglienza e bellezza

Laura Copelli

21 Febbraio 2021

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La nascita dell’accoglienza in montagna

Fino all’inizio del Novecento le Alpi erano considerate un territorio affascinante e un po’ misterioso, attraversato, spesso con grande fatica, da mercanti e da eserciti e abitato da popolazioni dal carattere ruvido e dalle abitudini spartane. Un territorio da difendere con fortezze strategiche e attraverso il quale tracciare strade spesso malsicure, ma di sicuro non un luogo accogliente e, men che meno, un luogo di vacanza.

 

Con l’inizio del XX secolo, invece, si inizia a pensare alla montagna come luogo di svago e di villeggiatura, soprattutto per la nascita degli sport invernali e per la nuova consapevolezza sulla salubrità del clima fresco delle valli alpine. Nasce così l’esigenza di costruire luoghi di ospitalità in grado di soddisfare ogni tipo di clientela, dalla media borghesia ai turisti più abbienti, cercando di collegare le località montane alle grandi città.

 

In questo contesto nasce, a cavallo tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta, il Grand Hotel Trento, destinato a servire tanto la città in sé, soprattutto per quanto riguardava i viaggi di affari, quanto l’intero territorio e le stazioni sciistiche vicine. Non a caso, poi, il terreno scelto per realizzare quest’opera si trovava a pochi passi dalla stazione ferroviaria di Trento, costruita dall’architetto e ingegnere Angiolo Mazzoni pochi anni prima, così come l’edificio della Direzione delle Poste e Telegrafi.

 

L’idea che sta alla base della costruzione di un grand hotel nel capoluogo trentino, infatti, è quella di offrire una struttura per l’accoglienza della clientela raffinata ed esigente che proviene dalle grandi città e che si muove volentieri con il treno, in tempi in cui l’automobile sta riscuotendo i primi successi, ma non è ancora alla portata di tutti, anche nelle classi più agiate della società.

Un progetto razionalista

Il progetto per la realizzazione del Grand Hotel Trento venne affidato al trentino Giovanni Lorenzi, un ingegnere e architetto attratto dal Futurismo e già molto attivo in città. Basta ricordare, tra gli altri, i suoi progetti per l’ufficio informazioni turistiche di piazza Dante, il Supercinema Vittoria e vari edifici di civile abitazione.

 

Un professionista, quindi, pienamente inserito nella vita di Trento e nell’ambiente culturale e politico degli anni Trenta che è chiamato a realizzare una struttura ricettiva di prim’ordine al servizio della città capoluogo, ma anche, e forse soprattutto, degli sciatori che avevano iniziato ad affollare i centri sciistici del Bondone e della Paganella. Non è un caso, d’altra parte, che uno dei primi incarichi lavorativi di Giovanni Lorenzi sia stata la direzione della funivia Zambana Vecchia – Fai della Paganella, una delle principali infrastrutture dedicate proprio alla nuova passione per gli sport invernali che stava animando l’Italia di quegli anni.

 

Lorenzi immagina, quindi, un complesso di impronta razionalista, con una facciata cilindrica protesa verso le montagne che richiama, indubbiamente, le torri di Sestriere, ma che ha una discendenza diretta da opere architettoniche della Germania di Weimar, come i magazzini Schocken di Stoccarda progettati nel 1926 da Erich Mendelshon.

Dalla guerra alla nuova Italia

Trento antica

L’attività per la progettazione e la costruzione dell’edificio del Grand Hotel Trento iniziò nel 1939 e fu quindi coinvolta negli sconvolgimenti legati alla Seconda Guerra Mondiale e al momento dell’inaugurazione, il 4 aprile del 1943, l’Italia era nel periodo tra la caduta del Fascismo e l’inizio dell’occupazione tedesca del Nord Italia.

 

Non stupisce, dunque, che, una volta terminata la costruzione dell’edificio dell’hotel, le condizioni che ne avevano determinato l’ideazione fossero profondamente mutate, al punto da richiedere una ricalibrazione nell’impiego della struttura.

 

In particolare, l’idea di fare del Grand Hotel Trento la base operativa, la “casa di appoggio”, per grandi folle di sciatori era destinata a tramontare. In un primo momento, infatti, le attività ricreative, tra cui gli sport invernali, subirono un inevitabile rallentamento legato alla guerra e alle sue conseguenze economiche e sociali, mentre il successivo boom economico portò un modello di sviluppo differente, in cui le strutture ricettive venivano costruite localmente, in prossimità degli impianti sciistici.

 

L’elegante struttura razionalista di Giovanni Lorenzi, quindi, doveva trovare una ragione di vita nuova nella Trento dell’Italia repubblicana e, in effetti, si adattò molto bene al nuovo modello di turismo del dopoguerra. Con una serie di aggiustamenti successivi e con l’impegno di nuovi investitori, il Grand Hotel Trento è diventato ciò che vediamo oggi: un punto di riferimento per chi viaggia per affari e per turismo e, contemporaneamente, una struttura che offre un ambiente elegante e rilassante per chi decide di visitare Trento o di concedersi un periodo di riposo più consistente e scoprire le bellezze del nostro territorio.

 

Come abbiamo cercato di illustrare in modo sintetico, la storia del Grand Hotel Trento è nata dalla volontà della nostra città di accogliere i visitatori nell’ambito del grande fermento che l’ha attraversata ad inizio Novecento ed ha saputo però rinnovarsi radicalmente, con intelligenza, al mutare delle condizioni storiche e sociali.

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